IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause iscritte  a  ruolo
 il  28 luglio e 27 settembre 1995 e segnate al n.r.g. 358 e 421/1995,
 riunite sub 358/1995, discussa all'udienza del 20 marzo 1996 promossa
 da M-Edil S.r.l. rappresentata e difesa, per procura  a  margine  del
 ricorso  di  secondo grado, dall'avv. Giampiero Basile, via Cavour n.
 106, Firenze, presso il  cui  studio  elegge  domicilio,  appellante,
 contro  l'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale  - I.N.P.S.
 rappresentato e difeso, per procura generale alle liti, dall'avv.  L.
 Boni,  viale  Belfiore,  28,  Firenze,  presso  cui elegge domicilio,
 appellato,   avente   ad   oggetto:   contributi   previdenziali    -
 classificazione   dei   datori   di   lavoro  -  impresa  di  pulizie
 classificata nel settore industria  anteriormente  al  marzo  1989  -
 ultrattivita' della classificazione - mutamento della classificazione
 nel   settore   terziario   -   inammissibilita'   -   questione  non
 manifestamente     infondata    di    legittimita'    costituzionale.
 (c-cdl.doc).
   Con separati ricorsi depositati il 16 giugno e il 29  ottobre  1994
 la  S.r.l.  La  Sovrana,  impresa  di  pulizie  con  sede in Firenze,
 inquadrata nel settore industria secondo  il  regime  anteriore  alla
 legge  n. 88/1989, proponeva opposizione avanti al pretore del lavoro
 di Firenze contro i decreti ingiuntivi  nn.  1312,  2250,  1439/1994,
 notificatile  dall'INPS il 1 e 13 giugno e il 13 ottobre 1994, per il
 pagamento rispettivamente di L. 262.930.849, di L. 289.517.582  e  di
 L.  131.795.592  per contributi omessi e somme aggiuntive relative ai
 periodi 1 giugno/31 agosto  1993;  1  settembre/31  ottobre  1993;  1
 dicembre 1993/28 febbraio 1994.
   In   particolare,   la   societa'  opponente  deduceva  che  l'ente
 previdenziale continuava a classificare  la  impresa  di  pulizie  La
 Sovrana  nel settore industriale, mentre a norma dell'art. 49 legge 9
 marzo 1989, n. 88, le spettava l'inquadramento nel settore  terziario
 con  relativa  aliquota  contributiva  del  commercio. Cio' posto, la
 societa'   ricorrente   rilevava   che   per   effetto    dell'errata
 classificazione, essa aveva maturato un credito di L. 571.895.605, al
 netto  delle compensazioni con i crediti INPS, al gennaio 1994, somma
 per  la  quale  chiedeva  la   condanna   al   pagamento   da   parte
 dell'Istituto.
   Con  sentenza  29 marzo/10 aprile 1995 n. 456 il pretore del lavoro
 di Firenze ha respinto l'opposizione, aderendo  alla  interpretazione
 dell'art.  49,  terzo  comma, seconda parte legge 9 marzo 1989, n. 88
 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale  e
 dell'Istituto  nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
 lavoro) fornita da Cass. sez. un. 18 maggio 1994 n. 4837, secondo cui
 l'ultrattivita' dei precedenti inquadramenti riguarda tutti quelli in
 atto al 28 marzo 1989, data di  entrata  in  vigore  della  legge  n.
 88/1989.
   Il  pretore, con sentenza in pari data n. 460, ha respinto altresi'
 l'opposizione proposta dalla S.r.l.  La  Sovrana  avverso  l'atto  di
 precetto notificatole dall'INPS il 27 giugno 1994, per L. 85.905.178,
 sulla  base  del  c.d.  D.M. 10 compilato dal datore di lavoro per il
 mese novembre 1993, costituente titolo esecutivo  a  norma  dell'art.
 2,  comma  1,  d.-l.  9  ottobre  1989, n. 338, convertito in legge 7
 dicembre 1989, n. 389.
   Con separati atti di appello, qui riuniti per evidenti  ragioni  di
 connessione,  la  M-Edil S.r.l., succeduta alla S.r.l. La Sovrana, ha
 chiesto al tribunale Firenze di:
     1) dichiarare nullo e privo di effetto il precetto di pagamento e
 i decreti ingiuntivi opposti;
     2) dichiarare il diritto della M.Edil S.r.l. all'inquadramento ai
 fini previdenziali ed assistenziali nel terziario ai sensi e per  gli
 effetti dell'art. 49 legge n. 88/1989, a far data dal marzo 1989;
     3)  dichiarare  l'I.N.P.S.  - Istituto nazionale della previdenza
 sociale, tenuto alla restituzione  in  favore  dell'appellante  delle
 differenze tra le somme versate dal marzo 1989 a titolo di contributi
 con  le  maggiori  aliquote  dell'industria  e  quelle effettivamente
 dovute con le aliquote del commercio;
     4) conseguentemente condannare l'I.N.P.S.  alla  restituzione  in
 favore  dell'appellante  della  differenza residuata a suo credito al
 febbraio '95, pari a L. 34.161.600.
   A  fondamento  dell'appello  poneva  un  esame critico della citata
 pronuncia delle sezioni unite n. 4837/1994, volto  a  dimostrare  che
 l'attenzione  sia  dei lavori parlamentari, sia della decisione della
 Corte di legittimita', e' stata focalizzata sulla  preoccupazione  di
 evitare  che,  per effetto del nuovo classamento previsto dal comma 1
 dell'art. 49, le aziende ubicate nel Mezzogiorno  potessero  perdere,
 con  il  passaggio  dal  settore  industria  a  quello  commercio, il
 beneficio   degli   sgravi   contributivi.   Pertanto,   ad    avviso
 dell'appellante,  l'impresa  di  servizi  ubicata fuori della zona di
 intervento  degli  sgravi  contributivi,   rimarrebbe   fuori   dalla
 previsione   dell'art.   49,   terzo  comma,  seconda  parte,  e  non
 costituirebbe oggetto della pronuncia in esame.
   In subordine,  l'appellante  proponeva  eccezione  di  legittimita'
 costituzionale  del 3 comma della predetta norma perche' in contrasto
 con gli artt. 1 e 41 Cost., nella parte in  cui,  disponendo  per  le
 imprese  di servizi preesistenti alla data di entrata in vigore della
 legge n. 88/1989 la loro permanenza nel  piu'  oneroso  inquadramento
 nell'industria  ai  fini  contributivi,  determina una ingiustificata
 disparita' di trattamento tra le stesse e quelle dello stesso  genere
 costituite  successivamente  alla  entrata  in  vigore della legge n.
 88/1989  e  come  tali  da  inquadrarsi  nel  meno  oneroso   settore
 "commercio".
                             O s s e r v a
   Non  sembra che la causa possa essere definita, in senso favorevole
 all'appellante, sulla base del motivo di appello  desunto  dall'esame
 critico  della pronuncia delle Sezioni Unite, perche' il principio di
 diritto ivi affermato di ultrattivita' del precedente  inquadramento,
 costituente   con   ogni   evidenza   diritto  vivente  per  la  sede
 nomofilattica in cui  e'  stato  enunciato,  si  applica  anche  alle
 imprese  di  servizi  (nella specie di pulizie) come l'appellante, le
 cui problematiche hanno costituito specifico e  approfondito  oggetto
 di  analisi  da  parte  della  pronuncia  in  esame, sopratutto per i
 risvolti previdenziali dei suoi  dirigenti,  questione  intorno  alla
 quale  ruota  il problema della classificazione dei datori di lavoro.
 La mancanza di norme transitorie  per  il  regime  previdenziale  dei
 dirigenti,  per  l'ipotesi  di  passaggio  della  classificazione  da
 industria  a   commercio,   ha   costituito   uno   degli   argomenti
 determinanti,  nella  motivazione  della  corte  di legittimita', per
 l'affermazione   della    interpretazione    universalistica    della
 disposizione di ultrattivita'.
   L'appellante  insiste  inoltre  sul  grave effetto distorsivo della
 libera concorrenza e del mercato derivante da discipline  generatrici
 di costi contributivi differenziati per imprese svolgenti la medesima
 attivita'   nel  medesimo  territorio.  Ma  tale  prima  ed  evidente
 conseguenza della norma di ultrattivita' in esame e' stata tenuta ben
 presente nelle argomentazioni e decisioni della corte di legittimita'
 e della Corte costituzionale, di  cui  appresso,  la  quale  su  tale
 rilievo  ha fondato le proprie censure. Pertanto tale argomentazione,
 appartenendo gia' alla trama decisionale di Cass. n.  4837/1994,  non
 puo'  costituire motivo per la sottrazione della presente fattispecie
 dall'ambito decisionale di quella pronuncia.
   Viceversa  l'appellante  evita,  opportunamente,  di  dare  rilievo
 giuridico  alla  constatazione del conflitto di interessi tra imprese
 di servizi ubicate nel Nord del Paese, interessate  ad  acquisire  la
 nuova   classificazione  del  commercio,  per  i  suoi  minori  costi
 contributivi,  e imprese dei servizi del Sud, interessate a mantenere
 l'inquadramento industriale, per i maggiori benefici derivanti  dagli
 sgravi   contributivi.   Infatti   la   disparita'   territoriale  di
 trattamento non rileva ai sensi dell'art.  3 Cost.,  proprio  perche'
 le agevolazioni di vario genere per le imprese operanti nelle zone di
 intervento della gia' Cassa per il Mezzogiorno trovano la loro ragion
 d'essere nell'intento compensativo delle varie diseconomie interne ed
 esterne  che  le  svantaggiano  nei  confronti delle piu' competitive
 imprese del Nord.
   Rimane il conflitto e la  disparita'  di  trattamento  tra  imprese
 operanti   nel   medesimo   territorio   soggette  a  diverso  regime
 contributivo a seconda della data dell'inquadramento.
   Sotto  tale  profilo  questo  tribunale  ritiene  di  non   potersi
 sottrarre  al  dovere  di  reinvestire  la Corte costituzionale della
 questione di legittimita'  formalmente  proposta  dall'appellante,  e
 cio'  sulla base delle stesse considerazioni svolte da Corte cost. 26
 ottobre/7 novembre 1994 n. 378, che rendono la questione proposta non
 manifestamente infondata. La  discrezionalita'  del  legislatore  nel
 dettare  norme  transitorie  intese  a  mantenere  ferme disposizioni
 abrogate per situazioni precedenti alla data  di  entrata  in  vigore
 della  nuova  legge non puo' avere valore assoluto, indipendentemente
 cioe' dalla previsione di alcuni limiti e condizioni che ne precisino
 la  portata  (Corte  cost.      cit.).   Nell'esercizio   di   questa
 discrezionalita',     il     legislatore,     per     non    ricadere
 nell'irrazionalita'  e  non  ledere  norme  costituzionali,  dovrebbe
 evitare,  per  un verso, che la differenziata disciplina si estenda a
 categorie cosi' vaste e senza limiti di  tempo  -  con  l'effetto  di
 realizzare   non   il  graduale  e  sollecito  subentro  della  nuova
 normativa, ma un notevole svuotamento del contenuto di  quest'ultima,
 lasciando  nell'ordinamento  sine  die  una  duplicita' di discipline
 diverse e parallele per le stesse situazioni;  per  altro  verso,  il
 differente trattamento delle stesse imprese per meri motivi temporali
 non dovrebbe essere tale da determinare effetti gravemente distorsivi
 sull'equilibrio dei mercati.
   Per  evitare  dunque  gli eccessivi effetti distorsivi e le opposte
 conseguenze di illegittimita' costituzionale sopra indicate, continua
 la Corte, l'ultima disposizione del  comma  3  dell'art.  49  avrebbe
 dovuto stabilire un termine ragionevole per il superamento del regime
 transitorio,  e  cioe'  per  il  venir  meno degli effetti ultrattivi
 conseguenti ai precedenti inquadramenti  (tenendo  conto  soprattutto
 delle  posizioni assicurative dei dipendenti) in modo da pervenire in
 tempi  brevi  ed  in  modo  razionale  alla   graduale   applicazione
 generalizzata della nuova normativa a tutte le imprese operanti nello
 stesso settore di attivita'.
   La  determinazione  di  detto  termine,  pur essendo riservata alla
 scelta discrezionale del legislatore, non puo' sottrarsi al controllo
 di costituzionalita' della Corte la quale - verificata la  permanente
 vigenza  della  disposizione  e considerato esaurito il congruo tempo
 connaturato alla transitorieta'  della  disciplina  -  puo'  ritenere
 superate le esigenze giustificatrici della disposizione, mediante una
 decisione  che applichi rigorosamente i precetti costituzionali sopra
 richiamati (Corte costituzionale sent. n. 378/1994 cit.).
   La questione e' rilevante in causa, perche' la pretesa contributiva
 dell'INPS  riguarda un periodo (giugno 1993-febbraio 1994) posteriore
 di oltre quattro anni l'entrata in vigore  della  norma  posta  sotto
 osservazione  dalla  Corte,  per cui e' presumibile che l'inserimento
 graduale dell'appellante nel sistema di classificazione a regime, cui
 il  legislatore  e'   obbligato,   comporti   riduzioni   dei   costi
 contributivi  corrispondentemente  graduali,  si' da rendere non piu'
 fondata   l'intera    pretesa    contributiva    dell'INPS,    basata
 sull'inquadramento industriale.
   Ne'  il  cennato  quadro  normativo  appare  mutato dall'entrata in
 vigore della legge  8  agosto  1995,  n.  335  (Riforma  del  sistema
 pensionistico  obbligatorio e complementare), il cui art. 3, comma 8,
 ha dettato disposizioni esclusivamente in punto di  decorrenza  degli
 effetti    dei    provvedimenti   dell'INPS   di   variazione   della
 classificazione dei datori di lavoro. Come  risulta  dall'assenza  di
 qualsiasi riferimento espresso o implicito all'art. 49, legge 9 marzo
 1989,  n.  88, dalle circolari applicative (circolare INPS 19 ottobre
 1995 n.  263),  e  come  rilevato  dall'unanime  dottrina,  la  nuova
 normativa  ha  recepito solo in parte il disegno di legge n. 1149 del
 senatore De Luca in tema di "interpretazione autentica,  modifica  ed
 integrazione  dell'art.   49, comma 3, secondo periodo, della legge 9
 marzo 1989, n. 88,  concernente  la  classificazione  del  datore  di
 lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali"; in particolare l'art.
 3,  comma  8,  in  esame,  da  una parte, consentendo l'inquadramento
 retroattivo  dal  momento  della  domanda  (nella  specie  proposta),
 interferisce  temporalmente  con  il  periodo  oggetto  della  causa;
 dall'altra,  non  modificando  il  criterio  di   ultrattivita'   dei
 precedenti inquadramenti, di cui all'art. 49 cit., nonche' affrontato
 e  risolto  le  problematiche evidenziate da Corte cost. 26 ottobre/7
 novembre 1994 n. 378 sul rientro graduale in un sistema  unitario  di
 classificazione dei datori di lavoro.
   La  questione  e'  pertanto  tuttora rilevante e non manifestamente
 infondata.